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La Nike non ha fatto mancare il suo contribuito e ne ha costruiti diversi compreso quello nella favela di Morro dos Prazeres, un impianto alla cui nascita ha dato un contributo anche il British Council. L'obiettivo è l'insegnamento del calcio ai ragazzi attraverso allenatori formati oltre Manica.
La favela è la culla dove sono cresciuti molti fuoriclasse. Alcuni la portano ancora dentro perché, come dice un proverbio brasiliano, «puoi togliere un uomo dalla favela, ma non puoi togliere la favela da dentro a quell'uomo». Ecco perché Adriano è spesso nel complesso de Maré. Da piccolo viveva nella favela Vila Cruzeiro. Da quando è tornato in patria, l'Imperatore è spesso a giro per Maré in vistosi monovolumi con persone, che sono cresciute con lui.

Anche Romario è originario delle favele, in particolare di quella di Jacaré, nella zona nord di Rio. Ha iniziato a giocare nella squadra locale e aveva come allenatore il padre.

Ronaldo non è proprio cresciuto in una favela, ma il barrio di cui è originario, Bento Ribeiro, anche questo nella zona nord di Rio, era ed è molto povero.

Nessun dubbio, invece, su “La Roncinha”, la più grande favela dell'America Latina: in passato lì è stato avvistato Vagner Love insieme a due uomini armati con mitra, suoi amici d'infanzia. A lui sembrava tutto normale... E poi c'è la storia di Bernardo, attaccante del Vasco da Gama, che ha osato corteggiare una delle ragazze del narcotrafficante Marcelo Santos das Dores, conosciuto come “Menor P”. Entrambi sono stati sequestrati, ma mentre al calciatore non è stato fatto del male (grazie all'intervento dei colleghi Wellington Silva del Fluminense e Charles del Palmeiras, entrambi nativi della favela de Maré), la sfortunata ragazza si è beccata cinque pallottole in una gamba ed è stata operata due volte. Eduardo da Silva dello Shakhtar, che ha indossato anche la maglia dell'Arsenal, è stato naturalizzato dalla Croazia ed è titolare della nazionale di Stimac, ha vissuto nella favela Bangu, situata dietro la tribuna vip del Maracana. Patrick Vieira, attaccante del Palmeiras, invece ha recentemente confessato in tv «di essere stato salvato dal calcio che mi ha strappato alla mia favela. Altrimenti sarei stato in pericolo a causa della droga».

In Brasile il calcio è vita e nelle favelas si gioca a calcio. E' così frequente vedere ragazzi delle età più disparate sognare di emulare i loro idoli nei campetti che vengono costruiti.

Le favelas rimangono entità forti a Rio de Janeiro anche se le condizioni di vita lì sono precarie. Fognature, elettricità e acqua potabile non sempre funzionano (eufemismo...), le scuole all'interno sono praticamente assenti esattamente come i negozi e i ristoranti. Chi lavora, lo fa nei quartieri confinanti. Grazie alla “pacificazione” della polizia e dell'esercito, però, adesso, almeno di giorno, si può camminare per strada senza rischiare di essere rapinati o aggrediti.

Questo però non vuol dire che la droga non venga spacciata e che non sia la principale fonte di sostentamento della zona. I militari hanno dato un duro colpo alla circolazione degli stupefacenti e hanno arrestato piccoli spacciatori e “pesci grossi”, ma il fenomeno è difficile da estirpare in tutte le favelas. Un risultato importante, però, è stato raggiunto: le armi sono quasi sparite dalle strade e con essere anche le morte violente dei bambini. Nel 2004 in Brasile c'era chi sosteneva che nelle favelas di Rio morivano più persone l'anno che a Bagdad. Adesso non è più così. Le battaglie da combattere però sono anche altre: quella contro l'analfabetismo è in pieno corso perché sono tanti i bambini che abbandonano la scuola dopo pochi anni. Vagano per strada, chiedono l'elemosina o vivono di espedienti. Ne abbiamo visti molti, anche se le autorità assicurano che il loro numero è in decremento rispetto al passato. Il Governo è molto sensibile su questo tasto e sta usando tutti i mezzi a sua disposizione per combattere il fenomeno e “trattenere” i ragazzi a scuola il più a lungo possibile. L'obiettivo non è svuotare le favelas, ma renderle posti migliori e più sicuri.

La coppa delle favelas, un torneo di calcio organizzato dalla Cbf al quale partecipano ogni anno 80 formazioni provenienti dalle favelas, ha questo scopo. E' riservato ai ragazzi al massimo di 15 anni che hanno l'opportunità di mettersi in mostra e di cambiare vita perché spesso molti di loro vengono utilizzati come corrieri dai trafficanti. Il calcio insomma è una via di fuga, la porta verso il sogno di una vita migliore.

Le formazioni di Rio, Flamengo, Botafogo, Fluminense e Vasco da Gama, inviano osservatori a ogni incontro e capita spesso che i più promettenti siano inseriti nelle giovanili di queste squadre. Le porte del professionismo, tanto per fare qualche esempio, si sono aperte per Claudio Paulista, che ha giocato in Arabia Saudita, per Marlon (Flamengo) e Carlo Alexandre (Portuguesa). Il torneo delle favelas per alcuni però è anche una forma di sostentamento perché i componenti delle squadre vengono sfamati nei giorni delle partite con frutta e altri alimenti oltre a ricevere dei buoni pasto che spesso vanno alle famiglie.

Il calcio non è l'unica via di fuga dalle favelas. Il Governo sta portando avanti un programma per promuovere gli sport olimpici in vista del 2016: judo e tennis sono molto gettonati e insegnati all'interno dei quartieri più poveri, quelli che adesso sono controllati da centinaia di poliziotti che, oltre ai camp estivi, organizzano eventi anche a Natale, Pasqua e Carnevale.

Lì, nelle favelas, le scene sono molto diverse da quelle che si vedono in tv per esempio al famoso Sambodromo di Rio, ma la felicità che abbiamo visto dipinta sui volti dei bambini nelle foto appese alle pareti del posto di polizia di una delle favelas che abbiamo visitato, parlava da sola. Nel corso degli ultimi mesi le favelas sono state visitate da molte persone famose. Federer ha fatto la sua apparizione esattamente come Lady Gaga, ma, adeguatamente scortato, anche Obama ne ha visitate una. Adesso probabilmente toccherà al Papa, il cui viaggio a Rio è previsto per fine luglio. Sarà l'ennesimo segnale di una battaglia alla povertà e all'illegalità che va avanti. Il Brasile è deciso a vincerla e, anche se i dati del primo semestre del 2012 sono stati positivi (calo degli omicidi del 50%), nessuno vuole abbassare la guardia.

Il calcio nelle Favelas

Angelica,

una mia dolce e cara Amica Brasiliana con "ninos", del Morro di Santa Marta, una delle Favela di Rio, mi ha confidato:

Nei miei 'ninos' non guardo il volto, gli occhi o la simpatia, osservo per ore i polpacci: in essi c’è tutta la potenzialità, la forza del futuro calciatore. Ad essi affido le mie speranze e il loro destino …

Nelle Favelas ogni bambino pratica il calcio, vede e incontra ADRIANO,  sogna di diventare bravo e ricco come lui. Sogna il successo, una macchina grande e bella: sogna il mondo…

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